Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 aprile – 17 maggio 2011, n. 10813
Presidente Morelli – Relatore Frasca
Il congedo aggiuntivo di giorni quindici per ciascun anno solare, a favore del personale esposto in misura continuativa al rischio radiologico, al pari delle ferie ordinarie, attende alla stessa funzione di recupero delle energie psico-fisiche, con la conseguente spettanza del compenso sostitutivo qualora l'interessato non abbia potuto godere di tale congedo per ragioni non dipendenti dalla sua volontà; né sussistono gli estremi per differenziare il congedo aggiuntivo dalle ferie ordinarie ai fini della corresponsione dell'indennità sostitutiva, atteso che esula anche dal congedo in parola la finalità di prevenzione del rischio, trattandosi di forma di riposo biologico che opera necessariamente a posteriori, onde assicurare al lavoratore il ripristino delle energie ed il recupero delle forze ulteriormente perse a causa del particolare tipo di impegno professionale.
Ai sensi dell'art. 12, l. 2 aprile 1968 n. 482 l'assunzione senza concorso nei ruoli delle Unità sanitarie locali dei soggetti appartenenti alle categorie protette deve intendersi comunque subordinata alla vacanza dei posti in organico.
In materia di personale medico dipendente del S.s.n., la disciplina di cui all'art. 4, comma 7, della l. n. 412 del 1991 e all'art. 4 d.P.R. n. 270 del 2000 è volta ad assicurare la tendenziale esclusività dei rapporti di lavoro nel S.s.n., in funzione della valorizzazione e della migliore utilizzazione del servizio dei medici, salvo esplicite deroghe.
È illegittimo il provvedimento di revoca di un rapporto convenzionale con una laboratorio privato di analisi non più esistente, in quanto già da tempo sostituito dal nuovo regime dell'accreditamento, e comunque senza alcuna previa ponderazione di tutti gli interessi coinvolti nella vicenda, quello pubblico all'eliminazione di una struttura sanitaria valida ed efficiente, per quanto irregolarmente operante, e quello privato del laboratorio, intenzionato a continuare nella sua attività, in base ad un rapporto reciprocamente obbligatorio.
La mancata trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie 75/362/Cee e 82/76/Cee - non autoesecutive in quanto, pur prevedendo lo specifico obbligo di retribuire adeguatamente la formazione del medico specializzando, non consentivano l'identificazione del debitore e la quantificazione del compenso dovuto - fa sorgere il diritto degli interessati al risarcimento dei danni, tra i quali devono comprendersi non solo quelli conseguenti all'inidoneità del diploma di specializzazione (conseguito secondo la previgente normativa) al riconoscimento negli altri Stati membri e al suo minor valore sul piano interno ai fini dei concorsi per l'accesso ai profili professionali, ma anche quelli connessi alla mancata percezione della remunerazione adeguata da parte del medico specializzando.
Nell'ambito degli indennizzi previsti a favore dei soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni o emoderivati, disciplinati dalla legge n. 210 del 1992 e dalla successiva legge n. 238 del 1997, la previsione contenuta nell'art. 2 comma 2, della l. 210 del 1992, di un indennizzo aggiuntivo, per il periodo precedente all'entrata in vigore della medesima legge, quale assegno una tantum, non è applicabile ai soggetti danneggiati da epatite post-trasfusionale o da infezione HIV, in quanto detto beneficio è riconosciuto soltanto ai soggetti che abbiano subito una menomazione permanente alla salute, a seguito di vaccinazione obbligatoria.
Nel settore sanitario, nel quale, diversamente da quanto accade in generale nel pubblico impiego, il fenomeno dello svolgimento di mansioni superiori è appositamente disciplinato da normativa di rango primario, il riconoscimento del trattamento economico per lo svolgimento di funzioni superiori è condizionato alla vacanza del posto in pianta organica (cui si riferiscono le funzioni svolte) e - tranne che non si tratti di funzioni primariali - all' esistenza di un previo e formale atto di incarico dello svolgimento delle anzidette funzioni, da intendersi quale apposita decisione adottata dagli organi competenti dell'ente di assegnazione temporanea al posto di qualifica superiore, oltre che ovviamente all'effettiva prestazione delle mansioni superiori.
Con il termine plus-orario si suole indicare un particolare meccanismo d'incentivazione (finanziato dagli enti di comparto, secondo le peculiari esigenze organizzative di ciascun apparato, legittimato a scegliere discrezionalmente i servizi più necessitanti di esso) della produttività del personale sanitario, la cui funzione (ex art. 59 e 60, d.P.R. n. 348/1983, art. 66, d.P.R n. 270/1987, ed art. 57, d.P.R. n. 384/1990) tende a migliorare la qualità, la razionalità e l'efficienza dei servizi. Donde l'impossibilità che tutto ciò avvenga per unilaterale determinazione del dipendente che abbia volontariamente svolto tale plus-orario, semplicemente attendendosi un esplicito riconoscimento postumo da parte della p.a. sanitaria.