Con il termine plus-orario si suole indicare un particolare meccanismo d'incentivazione (finanziato dagli enti di comparto, secondo le peculiari esigenze organizzative di ciascun apparato, legittimato a scegliere discrezionalmente i servizi più necessitanti di esso) della produttività del personale sanitario, la cui funzione (ex art. 59 e 60, d.P.R. n. 348/1983, art. 66, d.P.R n. 270/1987, ed art. 57, d.P.R. n. 384/1990) tende a migliorare la qualità, la razionalità e l'efficienza dei servizi. Donde l'impossibilità che tutto ciò avvenga per unilaterale determinazione del dipendente che abbia volontariamente svolto tale plus-orario, semplicemente attendendosi un esplicito riconoscimento postumo da parte della p.a. sanitaria.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso r.g.n. 2533/1999, proposto da:
A. M., rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Pastore Carbone, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Maurizio Spinella, in Roma, via C. Mirabello, 7;
contro
U.s.l. n. 15 di Caserta - Gestione liquidatoria A.s.l. Ce/1, in persona del legale rappresentante in carica, n.c.;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sezione IV, n. 00692/1998, resa tra le parti, concernente la corresponsione di somme a titolo di plus-orario.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visti tutti gli atti e le memorie di causa;
relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2010, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA;
nessuno è comparso per le parti;
ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.
FATTO
Con ricorso al T.a.r. Campania la parte attuale appellante chiedeva accertarsi il proprio diritto a percepire le somme, con interessi e rivalutazione (ex art. 2041, c.c.), spettantigli per il plus-orario per alcuni anni svolto presso l'U.s.l. n. 15 di Caserta (che non si costituiva in giudizio), dopo aver proposto la stessa domanda al giudice ordinario del lavoro, peraltro, dichiaratosi privo di giurisdizione.
I primi giudici respingevano il ricorso introduttivo, alla luce degli artt. 59 e 60, d.P.R. n. 348/1983, art. 66, d.P.R. n. 270/1987, ed art. 57, d.P.R. n. 384/1990, rilevando come mancasse ogni formale atto d'incarico, secondo le esigenze individuate dalla p.a., come pure ogni necessaria capienza nei fondi regionali d'incentivazione destinati a coprire l'esborso in questione.
Detta sentenza veniva, quindi, impugnata dalla parte soccombente, per violazione dell'art. 36, Cost., e dell'art. 2129, c.c., carenza istruttoria ed errore di giudizio, alla luce della documentazione depositata in prime cure ed attestante il riconoscimento delle ore di servizio svolto in plus-orario da parte dell'U.s.l.; dell'avvenuto pagamento delle relative somme per parte dell'anno 1988 e per l'anno 1990; dell'omessa pronuncia sull'ingiustificato arricchimento lamentato espressamente, in via subordinata, dalla parte appellante.
All'esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione sulle sole conclusioni di quest'ultima, non essendosi costituita in giudizio l'amministrazione sanitaria appellata.
DIRITTO
L'appello è infondato e va respinto, dovendosi condividere quanto ritenuto dai primi giudici, poiché con il termine plus-orario si suole indicare un particolare meccanismo d'incentivazione (finanziato dagli enti di comparto, secondo le peculiari esigenze organizzative di ciascun apparato, legittimato a scegliere discrezionalmente i servizi più necessitanti di esso) della produttività del personale sanitario, la cui funzione (ex artt. 59 e 60, d.P.R. n. 348/1983, art. 66, d.P.R n. 270/1987, ed art. 57, d.P.R. n. 384/1990) tende a migliorare la qualità, la razionalità e l'efficienza dei servizi.
Donde l'impossibilità che tutto ciò avvenga per unilaterale determinazione del dipendente che abbia volontariamente svolto tale plus-orario, semplicemente attendendosi un esplicito riconoscimento postumo da parte della p.a. sanitaria, in assenza del quale la prestazione non potrà che rientrare presumibilmente tra quelle effettuate invito domino (il che esclude ogni possibile ipotesi d'ingiustificato arricchimento), con la correlativa insussistenza dell'obbligo (incoercibile) dell'amministrazione stessa di riconoscerla, ferma restando la necessità della copertura della relativa spesa, trattandosi di ore di lavoro programmate preventivamente, mentre il fondo regionale incentivante risulta disponibile e conoscibile soltanto a consuntivo, con il contestuale sorgere a posteriori del diritto degli interessati a percepire il relativo compenso.
Nella specie, la parte interessata non fa altro che quantificare le svolte ore di plus-orario, insieme al corrispettivo di spettanza, senza fornire alcun elemento idoneo a porre in evidenza le connesse scelte volontarie dell'U.s.l., come pure la possibile capienza del fondo regionale di riferimento, al di là del fatto che una parte di tale plus-orario sarebbe stata già riconosciuta e ricompensata dai competenti uffici: ma è agevole replicare che ciò significa soltanto che la p.a. in tali limiti ha ritenuto di volersi avvalere di dette prestazioni fornite dal dipendente, né potrebbe essere costretta in alcun modo a fare altrettanto per tutte le altre del medesimo genere, per quanto si è detto in precedenza.
Conclusivamente, l'appello va respinto, con salvezza dell'impugnata sentenza, nulla disponendosi per le spese e gli onorari del giudizio di secondo grado, in cui la p.a. sanitaria non si è costituita.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, respinge l'appello e nulla dispone per le spese e gli onorari del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2010, con l'intervento dei signori giudici:
Stefano Baccarini, Presidente
Marco Lipari, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere, Estensore
Nicola Russo, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 16 GIU. 2010.