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Presidente Doronzo – Relatore Ghinoy

La Cassazione ribadisce che non c’è nesso causale tra vaccini e autismo

Fatto e diritto

Rilevato che:

  1. il Tribunale di Napoli rigettava la domanda proposta da D.D. , in qualità di genitore esercente la potestà sul figlio D.G. , contro il Ministero della Salute e la Regione Campania, volta ad ottenere l’indennizzo previsto dalla legge n.210 del 1992 per le conseguenze dannose (disturbo pervasivo dello sviluppo di tipo autistico) che asseriva essere derivate al figlio minore G. a seguito di vaccinazione obbligatoria (Cinquerix: pentavalente contro difterite, tetano, pertosse, poliomielite ed haemophilus influenzae di tipo b) ed Engerix B (anti-epatite b), somministrate nel 2001;
  2. la Corte di Appello di Napoli rigettava l’appello proposto dal D. e confermava la sentenza impugnata, ritenendo, anche sulla scorta della nuova c.t.u. disposta in secondo grado, che non fosse configurabile secondo un criterio di plausibilità biologica un nesso causale tra la malattia e la vaccinazione;
  3. D.D. propone ricorso per la Cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi.
  4. Il Ministero della Salute ha resistito con controricorso.

Considerato che:

  1. con il primo motivo di ricorso viene denunciata- ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.- la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e lamenta che la Corte d’appello non abbia applicato nell’espletamento della c.t.u. la procedura prevista dall’art. 195 c.p.c., come modificato dalla legge n. 69 del 2009, e sostiene che tale modifica sarebbe applicabile nella presente causa, sebbene introdotta nel 2007, in quanto finalizzata a realizzare un pieno contraddittorio con l’ausiliare;
  2. con il secondo motivo di ricorso viene denunciata- ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. – la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in ordine all’errata interpretazione data dapprima dal ctu e quindi dalla Corte di Appello alla valutazione del nesso di causalità in materia di indennizzo ai sensi della legge 210 del 1992. Secondo il ricorrente tanto il ctu quanto la Corte territoriale avrebbero errato nell’applicare sistematicamente, in ordine al riconoscimento del nesso eziologico, il criterio previsto per le cause di risarcimento del danno, o della probabilità prevalente, rispetto al criterio previsto per le cause di indennizzo ai sensi della legge 210/92, o della ragionevole probabilità, neppure peraltro venendo evidenziate una possibile eziologia alternativa della malattia;
  3. con il terzo motivo di ricorso viene denunciata- ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.- l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, con particolare riferimento alla violazione da parte del ctu del mandato ricevuto dalla Corte di Appello. Secondo il ricorrente infatti il CTU non avrebbe precisato le ragioni di consenso e/o dissenso rispetto alle valutazioni dell’ausiliare nominato in primo grado, nonostante questo gli fosse stato espressamente chiesto dalla Corte territoriale;
  1. con il quarto motivo di ricorso viene denunciata- ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.- l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, con particolare riferimento all’errata comprensione della problematica, alla mancata valutazione degli studi scientifici e soprattutto della documentazione medica relativa al caso di specie, alla mancata indicazione delle possibili cause alternative della patologia con conseguente motivazione “politica” e “filosofica” su una presunta mancata correlazione tra autismo e vaccinazione in generale piuttosto che relativa al caso concreto.
  2. Il primo motivo di ricorso non è fondato, in quanto l’art. 58 della stessa legge n. 69 del 2009 prevede che “le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore”. Né il contraddittorio con l’ausiliare nel caso è stato impedito, in considerazione della partecipazione del consulente di parte alle operazioni peritali.
  3. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

La Corte d’appello ha escluso la sussistenza della “plausibilità biologica” nell’ipotesi di un nesso di derivazione causale tra vaccinazioni e malattia. Si è quindi attenuta ai principi dettati da questa Corte anche con riguardo alla materia che ci occupa, secondo i quali (v. Cass. 17/01/2005 n. 753, 29/12/2016 n. 27449, ord.) la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi, l’effettuazione della terapia trasfusionale o la somministrazione vaccinale, il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica. Le Sezioni Unite di questa Corte – muovendo dalla considerazione che i principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 cod. pen. e dalla regolarità causale, salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella dell’”oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre in sede civile vale il principio della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non” – hanno poi ulteriormente precisato che la regola della “certezza probabilistica” non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa- statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica) (cfr. Sez. Unite, sentenza 11 gennaio 2008, n. 581).

  1. Nel caso, la relazione del consulente tecnico recepita dal giudice di merito ha tenuto conto sia dello stato della letteratura scientifica in materia, che qualifica di incidenza non comune o rara le reazioni avverse a carico del sistema nervoso ai vaccini nel caso somministrati, sia delle caratteristiche del caso concreto, che non consentivano nel caso di ritenerle ipotizzabili, in considerazione della risonanza magnetica dell’encefalo, che, seppure seguita a distanza di anni, era risultata del tutto negativa; del fatto che non vi era stato alcun ricovero né visita neurologica per asserite reazioni allergiche ai vaccini; del fatto che la diagnosi di sindrome autistica era stata posta almeno due anni dopo. Vi è stata quindi una valutazione di convergenza tra la determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (cd. probabilità quantitativa) e gli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica), sicché l’eziologia ipotizzata dal ricorrente è rimasta allo stadio di mera possibilità teorica.

Non rileva poi che non sia stata individuata una possibile eziologia alternativa, considerato che trattasi di complesse malattie la cui origine è ancora ignota e la ricerca di fattori ulteriori e diversi rispetto al patrimonio genetico è oggetto di studi della ricerca scientifica.

  1. Il terzo e il quarto motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili, in quanto “il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice”. Nel caso, alle puntuali argomentazioni del c.t.u. di secondo grado, che è giunto alle medesime conclusioni del consulente del Tribunale che aveva ritenuto il nesso di causalità “flebile possibilità di derivazione causale”, il ricorrente contrappone una diversa lettura delle medesime risultanze ed altre argomentazioni, desunte da ulteriore letteratura scientifica che, pur manifestando l’acceso dibattito che da tempo si registra sulla questione, non rivela acquisizioni ed elementi decisivi al fine di confutare la soluzione da quello adottata (v. in caso analogo Cass. n. 24959 del 23/10/2017).
  2. Per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore notificata ex art. 380 bis c.p.c., all’esito della quale le parti non hanno formulato memorie, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.;
  3. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza.
  4. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

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