Il decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 all'art. 52 individua la progressione professionale come uno degli strumenti del dipendente per l'acquisizione di una qualifica superiore.
Infatti:
"1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive."
Più specificamente l'art.52 del T.U. n.165/2001 pone due regole fondamentali in materia di progressioni dei pubblici dipendenti "privatizzati":
1) la materia della "classificazione del personale" è riservata alla contrattazione collettiva
2) la "qualifica superiore" rispetto a quella di assunzione si acquisisce "per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive".
Dal combinato disposto degli artt. 35 (reclutamento del personale) e 52 (disciplina delle mansioni), si evince nel nostro ordinamento una netta distinzione tra la fase di accesso al pubblico impiego (regolata dalla regola costituzionale del pubblico concorso ex art.97, 3° comma, cost.) e la fase successiva del rapporto, in cui la progressione di carriera determina solo una modificazione della posizione giuridica ed economica dell'impiegato.
La normativa in esame è stata oggetto di specifici interventi della Corte Costituzionale.
Ci si riferisce alle note sentenze della Corte Costituzionale nn. 194, 218 e 373 del 2002 le quali, decidendo in ordine ad alcune leggi (la l. n.133/99 in tema di riqualificazione del personale dell'ex Ministero delle Finanze e la l. n.140/99 in tema di inquadramento automatico nella qualifica dirigenziale dei dipendenti delle Camere di Commercio, due leggi della Regione Puglia che riservavano la copertura della totalità dei posti messi a concorso a personale interno) con cui erano state disposte riqualificazioni del personale, hanno stabilito una serie di criteri affinché le c.d. selezioni interne non siano in contrasto con l'art.97 Cost.
- L'accesso ad una fascia funzionale superiore non può essere sottratto alla regola del pubblico concorso, costituendo comunque un nuovo accesso ad una nuova posizione lavorativa e, quindi, sostanzialmente una forma di reclutamento;
- La previsione di un concorso interno riservato ai dipendenti per una percentuale di posti disponibili particolarmente elevata ed incongrua, in quanto stabilita in mancanza di giustificazioni valide per una migliore garanzia del buon andamento (da specificare puntualmente), è irragionevole ed in contrasto con gli art.3, 51 e 97 Cost.;
- Viola il principio del buon andamento dell'Amministrazione (art.97 Cost.) una procedura selettiva in realtà finalizzata ad un generale ed indiscriminato "scivolamento verso l'alto" di tutto il personale;
- In sede di progressione una valorizzazione ingiustificata dell'anzianità di servizio è irragionevole ed irrazionale;
- Viola i principi di eguaglianza e di buon andamento la deroga al titolo di studio previsto per l'accesso dall'esterno;
- E' illegittimo l'accesso al posto messo a concorso anche da qualifiche non immediatamente inferiori;
- I criteri di accertamento della formazione professionale richiesta per la qualifica messa a concorso non possono essere talmente generici da impedirne ogni verifica.
Va precisato che i rilievi ut supra valgono per le progressioni di carriera che prevedono l'accesso in una nuova posizione professionale, mentre il mero mutamento del livello retributivo, poiché non comporta una modificazione del contenuto delle mansioni, non rientra nelle ipotesi di accesso ad un nuovo posto, come analizzate dalla Corte Costituzionale con le sentenza sopra richiamate, e ciò indipendentemente dalla terminologia usata (progressione verticale tra aree e progressione orizzontale all'interno dell'area).
E' stato, peraltro, chiarito che:
In base all'art. 97 Cost. l'accesso dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni a funzioni più elevate non sfugge, di norma, alla regola del pubblico concorso, cui è possibile apportare deroghe solo se particolari situazioni ne dimostrino la ragionevolezza; e, pertanto, sono in contrasto col succitato art. 97 cost. le norme che prevedono scivolamenti automatici verso posizioni superiori o concorsi interni per la copertura della totalità dei posti vacanti (Corte costituzionale, 24 luglio 2003, n. 274).
Anche nell'impiego pubblico - così come nel lavoro privato - il bando di concorso per l'assunzione del personale o per la progressione in carriera dei dipendenti già in servizio viene a configurarsi come una proposta di contratto che, ai sensi dell'art. 1326, comma 1, c.c., diviene irrevocabile - consentendo l'incontro delle volontà e, quindi, la conclusione del contratto - nel momento in cui la p.a. proponente viene a conoscenza dell'accettazione della controparte che si realizza con il conseguimento di un risultato positivo in seguito all'espletamento delle prescritte prove. Da tale momento perfezionativo risulta applicabile, nei confronti della parte inadempiente, la disciplina propria della responsabilità contrattuale, con il relativo regime probatorio. (In base al suddetto principio la S.C., confermando l'impugnata sentenza, ha ritenuto che in una ipotesi in cui era stato accertato, con sentenza del giudice amministrativo passata in giudicato, l'obbligo del Ministero della pubblica istruzione di immettere in ruolo come soprannumerari con diritto al posto i partecipanti ad un concorso per maestro elementare dichiarati idonei ai sensi della legge n. 270 del 1982, incombeva al Ministero di dimostrare che il mancato adempimento di tale obbligo era derivato da causa ad esso non imputabile e non competeva, invece, ai concorrenti pretermessi di dimostrare la colpa o il dolo della p.a.) (Cassazione civile, sez. lav., 30 ottobre 2000, n. 14318).
Il pubblico dipendente, che possiede i requisiti soggettivi per essere nominato in una determinata (e superiore) posizione di lavoro all'interno dell'assetto organizzativo della p.a. datrice di lavoro, è titolare di una situazione soggettiva qualificata a tutelare a che l'attività amministrativa, relativa alla copertura di tale posto, si svolga in conformità a canoni di legittimità (nella specie, è illegittima la promozione alla superiore qualifica di assistente sociale collaboratore di un dipendente che, pur rivestendo la medesima posizione di lavoro del ricorrente, a differenza di costui non possiede i requisiti per accedere a tale nuova qualifica, sussistendo l'interesse del ricorrente a non vedersi preporre un soggetto non idoneo a tale nuovo incarico) (Consiglio Stato, sez. V, 10 agosto 2000, n. 4398).