L'art. 5 del d.lgs n. 165 del 2001 testualmente recita: "Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro".
Dalla chiara previsione legislativa discende che i poteri di gestione del rapporto di lavoro presso la p.a., a seguito della contrattualizzazione del rapporto di lavoro, hanno sempre natura di poteri datoriali di diritto privato e non già di atti amministrativi.
L'art. 63 c. 1 del d.lgs n. 165 del 2001 prevede, poi, che sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo.
Così ripartita la giurisdizione, si tratta di distinguere, in concreto, gli atti presupposti (atti amministrativi) dagli atti di gestione (poteri datoriali di diritto privato).
Una rapida rassegna delle sentenze della Suprema Corte e del Consiglio di Stato consente di comprendere l'assetto assunto dalla materia negli ultimi anni.
In tema di lavoro pubblico contrattualizzato e ai fini del riparto della giurisdizione, atteso che le progressioni - secondo disposizioni di legge o di contratto collettivo - all'interno di ciascuna area professionale o categoria, sia comportanti l'acquisizione di posizioni retributive più elevate che di qualifiche superiori, non rientrano nelle procedure concorsuali (art. 63, comma 4, d.lg. n. 165 del 2001) ma nelle procedure che l'amministrazione pone in essere con le capacità e i poteri di diritto privato del datore di lavoro, spetta alla giurisdizione ordinaria la controversia concernente l'esclusione dalla procedura di riqualificazione interna indetta dal Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria - per la copertura di posti dell'area C, posizione economica C3, profilo professionale di "esperto informatico", riservata al personale dipendente dell'amministrazione già inquadrato nelle posizioni economiche C1 e C2 della stessa area (Cassazione civile , sez. un., 31 ottobre 2008, n. 26295).
Il conferimento delle posizioni organizzative al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni inquadrato nelle aree, la cui definizione è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva, esula dall'ambito degli atti amministrativi autoritativi e si iscrive nella categoria degli atti negoziali, assunti dall'Amministrazione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro, a norma dell'art. 5, comma 2, del d.lg. n. 165 del 2001; pertanto, nell'applicazione della disposizione contrattuale, l'attività dell'Amministrazione non si configura come esercizio di un potere di organizzazione, ma come adempimento di un obbligo di ricognizione e di individuazione degli aventi diritto, con conseguente devoluzione alla giurisdizione del giudice ordinario delle relative controversie, non ostandovi l'esistenza di atti amministrativi presupposti e potendo al riguardo operare la disapplicazione dell'atto ai sensi dell'art. 63, comma 1 del citato decreto (Nella specie le S.U. hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, in relazione all'attribuzione della posizione organizzativa, di cui all'art. 8 del c.c.n.l. per il personale degli enti locali stipulato il 31 marzo 1999, ad un avvocato, inquadrato nell'organico dell'Amministrazione e responsabile del servizio legale di un Comune, ritenendo ininfluente l'atto amministrativo presupposto consistente nel regolamento comunale di organizzazione degli uffici e dei servizi) (Cassazione civile , sez. un., 18 giugno 2008, n. 16540).
Il conferimento delle posizioni organizzative al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni inquadrato nelle aree e le relative procedure di selezione, secondo il sistema disegnato dal d.lg. 165 del 2001, esulano dall'ambito degli atti amministrativi autoritativi e sono assunti dall'Amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, a norma dell'art. 5, comma 2, dell'indicato decreto; pertanto, il controllo di conformità alla legge deve essere condotto sulla base dei principi di diritto comune, con la conseguenza che non è ravvisabile contrasto con norme imperative nella decisione dell'Amministrazione che parifichi il servizio prestato in posizione di comando a quello dei dipendenti, nell'intento di valorizzare comunque l'esperienza professionale ai fini della progressione in carriera (Cassazione civile , sez. lav., 15 maggio 2008, n. 12315).
La controversia avente ad oggetto gli inquadramenti dei lavoratori, già dipendenti di Poste Italiane s.p.a., trasferiti all'Inpdap in forza del d.P.C.m. 18 ottobre 1999, quale ente presso il quale già operavano in posizione di comando, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario ai sensi dell'art. 63, comma 1, del d.lg. n. 165 del 2001, giacché essa non è suscettibile di essere ricondotta nell'ambito di quelle relative ad atti organizzativi di cui all'art. 2, comma 1, del citato d.lg. n. 165 del 2001, ma risulta invece inerente alla gestione del rapporto di lavoro in base ad una attività non autoritativa, espletata con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato, ai sensi dell'art. 5, comma 2, dello stesso d.lg. n. 165 (Cassazione civile, sez. un., 05 marzo 2008, n. 5921).
In materia di assunzione del personale docente della scuola e con riferimento alle controversie in cui il docente faccia valere il proprio diritto all'assunzione sulla base di una graduatoria di concorso, prospettando la violazione di legge (art. 1 della legge n. 124 del 1999) da parte dell'amministrazione nell'utilizzazione di altra graduatoria concorsuale precedente, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, venendo in questione atti che non possono che restare compresi tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato (art. 5, comma 2, del d.lg. n. 165 del 2001), di fronte ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi, avendo la pretesa ad oggetto il diritto all'assunzione. Non possono configurarsi, infatti, né l'inerenza a procedure concorsuali (art. 63 del d.lg. n. 165 del 2001), essendo queste non oggetto di contestazione ed assunte a presupposto della pretesa all'assunzione, né altre categorie di attività autoritativa (art. 2, comma 1, dello stesso decreto legislativo) (Cassazione civile sez. un., 13 febbraio 2008, n. 3401).
Con riferimento al rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato, sono devolute alla giurisdizione del g.o. le controversie aventi ad oggetto gli atti di gestione del rapporto di lavoro che incidono su situazioni giuridiche soggettive del dipendente, tutelate secondo le disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, adottati dagli organi preposti con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (art. 4 del d.lg. n. 29 del 1993, ora art. 5 del d.lg. n. 165 del 2001). (Nella specie la S.C. ha affermato la giurisdizione del g.o. rispetto ad un atto di trasferimento di un ingegnere dalla Asl all'Arpa, adottato sulla base di atti generali dell'amministrazione emanati in esecuzione di una legge di riorganizzazione regionale) (Cassazione civile, sez. un., 16 novembre 2007, n. 23739).
La decisione della pubblica amministrazione di assumere un pubblico dipendente senza bandire un nuovo concorso ed utilizzando graduatorie di precedenti concorsi ancora efficaci è atto che esula da quelli inerenti alle «procedure per l'assunzione» e va ascritto alla categoria degli atti di diritto privato, di organizzazione e gestione, ai quali non sono applicabili i principi e le regole degli atti amministrativi (Cassazione civile , sez. lav., 21 agosto 2007, n. 17780).
La procedura di selezione avviata da un'azienda ospedaliera per il conferimento dell'incarico di dirigente di secondo grado del ruolo sanitario - prevista dall'art. 15 ter, commi 2 e 3, d.lg. 30 dicembre 1992 n. 502 - non ha carattere concorsuale, in quanto si articola secondo uno schema che prevede non lo svolgimento di prove selettive con formazione di graduatoria finale ed individuazione del candidato vincitore, ma la scelta di carattere essenzialmente fiduciario di un professionista ad opera del direttore generale dell'Azienda unità sanitaria locale nell'ambito di un elenco di soggetti ritenuti idonei da un'apposita commissione per requisiti di professionalità e capacità manageriali. Pertanto, l'impugnazione del provvedimento, emanato dallo stesso direttore generale, di esclusione di uno dei partecipanti alla selezione inserito nella rosa dei candidati già dichiarati idonei, rientra nella giurisdizione del g.o., in quanto adottato in base a capacità e poteri propri del datore di lavoro privato, ai sensi dell'art. 5 d.lg. 30 marzo 2001 n. 165 (Cassazione civile, sez. un., 16 aprile 2007, n. 8950).
Rientra nella giurisdizione del g.o. la controversia promossa da alcuni dirigenti di seconda fascia già inquadrati nell'Aima (Azienda per l'intervento nel mercato agricolo), avente ad oggetto l'impugnazione delle delibere con le quali gli organi di gestione dell'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura, che ha preso il posto dell'Aima) li escludevano dai ruoli Agea in attesa dell'adozione del nuovo regolamento del personale. Infatti, dette delibere hanno natura provvisoria e costituiscono non atti organizzatori di carattere generale, rientranti nell'art. 2, comma 1, del d.lg. n. 165 del 2001 - nei confronti del quale sono configurabili solo interessi legittimi - ma ordinari atti di gestione rientranti nella fattispecie del successivo art. 5, che prevede che le misure inerenti alla gestione del rapporto di lavoro sono assunte dagli organi preposti con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro (Cassazione civile , sez. un., 05 aprile 2007, n. 8526).
Sulla scorta dei principi generali - in correlazione con il criterio del "petitum sostanziale" - relativi all'individuazione della giurisdizione con riferimento al rapporto di pubblico impiego privatizzato, deve ritenersi devoluta alla giurisdizione del g.o. la controversia avente ad oggetto atti di gestione e di organizzazione del personale di un ente locale, adottati successivamente al 30 giugno 1998, emanati dagli organi preposti alla gestione nell'esercizio dei poteri direttivi che competono al datore di lavoro, con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro ai sensi dell'art. 5 comma 2 d.lg. n. 165 del 2001, i quali incidano sulle situazioni giuridiche soggettive dei dipendenti dell'ente, non potendo attribuirsi rilievo, al fine di escluderla, alla discrezionalità delle valutazioni spettanti alla p.a. e all'attinenza degli atti all'organizzazione. (Nella specie, le Sezioni Unite, alla stregua dell'enunciato principio, hanno affermato la sussistenza della giurisdizione del g.o. con riguardo alla domanda degli originari ricorrenti con la quale era stata chiesta la dichiarazione in sede giudiziale del loro diritto all'assunzione al lavoro a tempo indeterminato presso il ricorrente Consorzio di bonifica per essere stati validamente collocati nella graduatoria approvata ai sensi dell'art. 12 l. reg. Sicilia n. 33 del 1999, così facendo valere non un'impugnativa della graduatoria, bensì contestando il criterio seguito dall'ente nell'utilizzo della stessa per non aver disposto l'assunzione degli stessi originari ricorrenti, malgrado la loro posizione utile a tal fine dopo l'avvenuta collocazione in quiescenza di altri dipendenti) (Cassazione civile, sez. un., 14 febbraio 2007, n. 3188).
In tema di lavoro pubblico contrattualizzato, l'art. 63 comma 4 d.lg. n. 165 del 2001, si interpreta, alla stregua dei principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale sull'art. 97 cost., nel senso che per "procedure concorsuali di assunzione", ascritte al diritto pubblico e all'attività autoritativa dell'Amministrazione con conseguente attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo, si intendono non soltanto quelle preordinate alla costituzione "ex novo" dei rapporti di lavoro (essendo tali le procedure aperte a candidati esterni, ancorché vi partecipino soggetti già dipendenti pubblici), ma anche i procedimenti concorsuali "interni", destinati, cioè, a consentire l'inquadramento dei dipendenti in aree funzionali o categorie più elevate, profilandosi in tal caso una novazione oggettiva dei rapporti di lavoro. Diversamente, le progressioni all'interno di ciascuna area professionale o categoria, sia con acquisizione di posizioni più elevate meramente retributive, sia con il conferimento di qualifiche superiori (in relazione al disposto dell'art. 52 comma 1 d.lg. n. 165 del 2001), sono affidate a procedure poste in essere dall'Amministrazione con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato, con conseguente attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione ordinaria. (Nella specie, le S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza impugnata e dichiarato la sussistenza della giurisdizione del g.a. in ordine alla domanda di accertamento dell'illegittimità della determinazione di esclusione di una dipendente, assunta dall'Amministrazione comunale, da un concorso interno bandito per l'attribuzione della qualifica superiore, sul presupposto che la posizione soggettiva fatta valere era qualificabile come interesse legittimo) (Cassazione civile, sez. un., 07 febbraio 2007, n. 2693).
La privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche ha lasciato inalterato il regime del reclutamento del personale, che resta, pertanto, identico sia per il personale rimasto in regime di diritto pubblico, sia per quello in regime contrattuale. Per i lavoratori con i quali il rapporto di lavoro si costituisce mediante contratto il diritto soggettivo a stipulare il contratto - correlato all'obbligo dell'amministrazione di prestare il proprio consenso - è configurabile soltanto in favore dei soggetti individuati all'esito della procedura concorsuale, collocandosi sul terreno del diritto privato, dopo l'esaurimento della stessa procedura, capacità ed atti di gestione dell'amministrazione (Cassazione civile , sez. lav., 05 ottobre 2006, n. 21408).
Con riferimento al direttore generale del Comune (cosiddetto city manager), dalla disciplina di settore - in particolare, dall'art. 108 d.lg. 18 agosto 2000 n. 267, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - e dai principi generali in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni si desume l'assenza di un procedimento ad evidenza pubblica già nella fase di affidamento dell'incarico, di talché resta radicalmente esclusa la configurabilità di poteri amministrativi nella fase di esecuzione del rapporto. Da tanto deriva che è devoluta al giudice ordinario la giurisdizione sulla controversia concernente l'accertamento dell'illegittimità della revoca ante tempus, disposta dal sindaco, dell'incarico di direttore generale del Comune (nella specie conferito ad un soggetto già in servizio quale segretario generale), e la condanna del Comune al pagamento di somme a titolo di retribuzione o di risarcimento del danno, trattandosi in ogni caso di atto, concernente l'organizzazione dell'ufficio, appartenente alla gestione del rapporto di lavoro ed assunto con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (Cassazione civile, sez. un., 12 giugno 2006, n. 13538).
Nell'ambito del lavoro pubblico, l'amministrazione esercita il potere di organizzazione e gestione del rapporto di lavoro con la capacità ed i poteri del datore di lavoro privato, disciplinato esclusivamente dalle disposizioni del codice civile, delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa e dei contratti collettivi (fatte salve le diverse disposizioni contenute nel d. lgs. n. 165 del 2001), talché nell'ipotesi di trasferimento il pubblico dipendente, in mancanza di specifiche discipline recate dai contratti collettivi, gode della garanzia apprestata dall'art. 2103, comma 1, ultimo periodo, c.c. (non derogato, per questa parte, dall'art. 52 d. lgs. n. 165, cit.), con la conseguenza che il datore di lavoro non può trasferire il dipendente da un'unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, esigenze queste che non è tenuto a comprovare quando non ricorra propriamente un caso di trasferimento, ma la mera assegnazione del dipendente ad un altro posto nell'ambito dello stesso ufficio (nella specie, la Corte ha rigettato il ricorso nei confronti della delibera di assegnazione del dipendente ad altre mansioni senza che fosse intervenuto alcun mutamento del luogo geografico di esecuzione della prestazione, avendo accertato il giudice di merito che le nuove mansioni non avevano comportato alcuna dequalificazione) (Cassazione civile , sez. lav., 15 maggio 2006, n. 11103).
Ai sensi dell'art. 68, d.lg. n. 29 del 1993 (nel testo modificato dall'art. 29, d.lg. n. 80 del 1998, trasfuso nell'art. 63, d.lg. n. 165 del 2001) sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie riguardanti il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni in ogni sua fase, dalla instaurazione fino all'estinzione, mentre sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti gli atti amministrativi adottati dalle pubbliche amministrazioni nell'esercizio del potere loro conferito dall'art. 2, comma 1, d.lg. n. 29 del 1993 (riprodotto nell'art. 2, d.lg. n. 165 del 2001), aventi ad oggetto la fissazione delle linee e dei principi fondamentali della organizzazione degli uffici - nel cui quadro i rapporti di lavoro si costituiscono e si svolgono - caratterizzati da uno scopo esclusivamente pubblicistico, sul quale non incide la circostanza che gli stessi, eventualmente, influiscono sullo "status" di una categoria di dipendenti, costituendo quest'ultimo un effetto riflesso, inidoneo ed insufficiente a connotarli delle caratteristiche degli atti adottati "iure privatorum". (Nella specie, le Sezioni unite della S.C. hanno dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia avente ad oggetto l'annullamento sia del decreto rettoriale di modifica dello statuto dell'Università di Palermo, con il quale era stato attribuito ai rappresentanti del personale tecnico - amministrativo il diritto di elettorato attivo e che, quindi, incideva sul loro "status", sia del decreto di indizione delle relative elezioni) (Cassazione civile , sez. un., 17 aprile 2003, n. 6220).
Dalla spiccata specialità della disciplina del lavoro pubblico "contrattualizzato" - data dal sistema delle fonti concorrenti, dalla natura giuridica e dagli effetti peculiari dei contratti collettivi e dal procedimento per la loro formazione, dal sistema di selezione dei soggetti contrattuali, dalla stipulazione del contratto di lavoro con soggetti scelti all'esito di procedimenti amministrativi, dalla sensibile deviazione rispetto a regole fondamentali del lavoro privato - non possono desumersi conseguenze in tema di giurisdizione sulle controversie inerenti al rapporto di lavoro, comunque devolute al giudice ordinario in quanto involgono posizioni di diritto soggettivo, non rilevando in contrario che la prospettazione della parte si esprima in senso impugnatorio di atti amministrativi prodromici (Cassazione civile, sez. un., 06 febbraio 2003, n. 1807).
In tema di rapporto di lavoro privatizzato, gli atti e procedimenti posti in essere dall'amministrazione ai fini della gestione dei rapporti di lavoro subordinati devono essere valutati secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, secondo una precisa scelta legislativa (nel senso dell'adozione di moduli privatistici dell'azione amministrativa) che la Corte cost. ha ritenuto conforme al principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 cost. (sentenze n. 275 del 2001 e 11 del 2002). Ne consegue che, esclusa la presenza di procedimenti e atti amministrativi, non possono trovare applicazione i principi e le regole proprie di questi e, in particolare, le disposizioni dettate dalla l. 7 agosto 1990 n. 241. (Nella specie, la Corte cass., nel confermare la sentenza impugnata, ha ritenuto che la privatizzazione del rapporto di lavoro tra l'ente lirico del teatro La Fenice di Venezia ed un dipendente primo flautista ha comportato la trasformazione del potere dell'amministrazione di disporre la riammissione in servizio, ai sensi dell'art. 132 d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, da potere amministrativo autoritativo a potere privato, che si esercita mediante atti di natura negoziale, versandosi fuori delle materie di cui ai numeri da 1 a 7 dell'art. 2, comma 1, lett. c, l. 23 ottobre 1992 n. 421, conservate al diritto pubblico a norma dell'art. 68, comma 1, d.lg. 3 febbraio 1993 n. 29 e, poi, dell'art. 69, comma 1, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165) (Cassazione civile, sez. lav., 18 febbraio 2005, n. 3360).
Atteso che la legge n. 241 del 1990, sui procedimenti amministrativi, è diretta a regolare in via generale i procedimenti finalizzati alla emanazione di provvedimenti autoritativi da parte delle pubbliche amministrazioni, non può trovare applicazione nel rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni che, dopo la cosiddetta privatizzazione, è caratterizzato da una sostanziale parità tra le parti ed è regolato dalla contrattazione collettiva di settore e (ora) dal d.lg. n. 165 del 2001 (che ha sostituito il d.lg. n. 29 del 1993 e successive modificazioni) (Cassazione civile, sez. lav., 28 luglio 2003, n. 11589).
Le norme della l. n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo riguardano i procedimenti strumentali alla emanazione da parte delle amministrazioni di provvedimenti autoritativi - destinati ad incidere sulle situazioni giuridiche dei destinatari e caratterizzati dalla situazione di preminenza dell'organo che li adotta -, e non sono applicabili agli atti di gestione del rapporto di lavoro, adottati nell'esercizio del potere di supremazia gerarchica del datore di lavoro privato e privi dell'efficacia autoritativa del provvedimento amministrativo. Pertanto, all'atto di destituzione dall'impiego adottato all'esito del procedimento disciplinare ed a seguito di sentenza penale di condanna per un reato commesso in servizio, non è applicabile l'obbligo della motivazione stabilito dalla l. n. 241 del 1990, essendo sufficiente che esso indichi l'illecito disciplinare che giustifica la risoluzione del rapporto di lavoro, costituendo inoltre l'atto di conformazione al lodo arbitrale di cui all'art. 59, comma 7, d.lg. n. 29 del 1993 un atto dovuto che non richiede alcuna motivazione (Cassazione civile, sez. lav., 16 maggio 2003, n. 7704).
Nel nuovo contesto del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, la maggiore flessibilità organizzativa imposta dal rinvio alla disciplina del lavoro nell'impresa e la natura privatistica del datore di lavoro pubblico si devono conciliare con i principi di trasparenza nello svolgimento del rapporto. Ne consegue che la regola della motivazione enunciata nell'art. 3 l. n. 241 del 1990 non è immediatamente applicabile agli atti di diritto privato che riguardano la gestione ordinaria del rapporto di lavoro e la "microrganizzazione" delle strutture dell'amministrazione, mentre conserva intatta la sua valenza in relazione agli atti organizzativi che incidono, in maniera stabile e significativa, sul contenuto delle mansioni del dipendente o sull'assegnazione a determinati compiti o funzioni, o a particolari sedi di servizio (Consiglio Stato , sez. IV, 05 febbraio 2001, n. 471).
A seguito della c.d. privatizzazione del lavoro pubblico, attuata con le norme raccolte nel d.lg. 30 marzo 2001 n. 165 e contraddistinta dalla contrattualizzazione della fonte dei rapporti di lavoro e dall'adozione di misure organizzative non espressamente riservate ad atti di diritto pubblico e realizzate mediante atti di diritto privato (art. 5, comma 2, del d.lg. cit.), deve ritenersi che la conformità a legge del comportamento dell'amministrazione - negli atti e procedimenti di diritto privato posti in essere ai fini della costituzione, gestione e organizzazione dei rapporti di lavoro finalizzati al proseguimento di scopi istituzionali - deve essere valutata esclusivamente secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, secondo una precisa scelta del legislatore (nel senso dell'adozione di moduli privatistici dell'azione amministrativa) che la Corte cost. ha ritenuto conforme al principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 cost. (v. Corte cost. n. 275 del 2001, n. 11 del 2002) (Cassazione civile , sez. lav., 19 marzo 2004, n. 5565).
Dalla spiccata specialità della disciplina del lavoro pubblico "contrattualizzato" - data dal sistema delle fonti concorrenti, dalla natura giuridica e dagli effetti peculiari dei contratti collettivi e dal procedimento per la loro formazione, dal sistema di selezione dei soggetti contrattuali, dalla stipulazione del contratto di lavoro con soggetti scelti all'esito di procedimenti amministrativi, dalla sensibile deviazione rispetto a regole fondamentali del lavoro privato - non possono desumersi conseguenze in tema di giurisdizione sulle controversie inerenti al rapporto di lavoro, comunque devolute al giudice ordinario in quanto involgono posizioni di diritto soggettivo, non rilevando in contrario che la prospettazione della parte si esprima in senso impugnatorio di atti amministrativi prodromici (Cassazione civile, sez. un., 06 febbraio 2003, n. 1807).