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Par. 1

I mezzi di impugnazione

L'art. 91 del codice del processo amministrativo prevede che sono mezzi di impugnazione l'appello, la revocazione, l'opposizione di terzo e il ricorso per cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Il sistema delle impugnazioni nel processo amministrativo risulta, pertanto, modellato su quello del processo civile. Al pari del processo civile anche nel processo amministrativo occorre distinguere tra impugnazioni ordinarie in quanto impediscono alla sentenza impugnata di passare in giudicato (appello, ricorso per cassazione e ricorso per revocazione c.d. ordinaria), e quelle straordinarie in quanto proponibili, in casi tassativi, anche quando si è già formato il giudicato (come nel caso della revocazione cd. straordinaria e dell'opposizione di terzo).

Recita testualmente l'art. 92 del codice del processo amministrativo:

Termini per le impugnazioni

1. Salvo quanto diversamente previsto da speciali disposizioni di legge, le impugnazioni si propongono con ricorso e devono essere notificate entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza. 2. Per i casi di revocazione previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 del primo comma dell'articolo 395 del codice di procedura civile e di opposizione di terzo di cui all'articolo 108, comma 2, il termine di cui al comma 1 decorre dal giorno in cui e' stato scoperto il dolo o la falsita' o la collusione o e' stato recuperato il documento o e' passata in giudicato la sentenza di cui al numero 6 del medesimo articolo 395. 3. In difetto della notificazione della sentenza, l'appello, la revocazione di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395 del codice di procedura civile e il ricorso per cassazione devono essere notificati entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. 4. La disposizione di cui al comma 3 non si applica quando la parte che non si e' costituita in giudizio dimostri di non aver avuto conoscenza del processo a causa della nullita' del ricorso o della sua notificazione. 5. Fermo quanto previsto dall'articolo 16, comma 3, l'ordinanza cautelare che, in modo implicito o esplicito, ha deciso anche sulla competenza e' appellabile ai sensi dell'articolo 62. Non costituiscono decisione implicita sulla competenza le ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all'articolo 36, comma 1, ne' quelle che disattendono l'istanza cautelare senza riferimento espresso alla questione di competenza. La sentenza che, in modo implicito o esplicito, ha pronunciato sulla competenza insieme col merito e' appellabile nei modi ordinari e nei termini di cui ai commi 1, 3 e 4.

Il termine breve previsto dall'art. 92 del codice del processo amministrativo per la proposizione dell'appello, della revocazione e dell'opposizione di terzo c.d. revocatoria è di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza, a differenza di quello previsto dall'art. 325 c.p.c. per il giudizio civile che è di trenta giorni.

In mancanza di notificazione, si fa ricorso, anche nel processo amministrativo, al termine c.d. lungo per cui l'appello, la revocazione cd. ordinaria e il ricorso per cassazione, vanno proposti nel termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, come previsto dall'art. 327 c.p.c., modificato dall'art. 46 comma 17 l. 69/2009.

Il termine per impugnare è perentorio: in mancanza di proposizione dell'appello, del ricorso per cassazione o della revocazione entro i sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza si determina la decadenza dal mezzo di impugnazione, insanabile e rilevabile d'ufficio dal giudice.

Luogo della notificazione

Con riguardo al luogo della notificazione il legislatore (art. 93 del codice del processo amministrativo) fa proprio un principio ormai consolidato in giurisprudenza secondo il quale l'impugnazione deve essere notificata nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dalla parte nell'atto di notificazione della sentenza o, in difetto, presso il difensore o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio e risultante dalla sentenza.

Del tutto innovativo è il disposto del secondo comma il quale prevede che, qualora il difensore domiciliatario di controparte al quale debba essere effettuata la notifica dell'impugnazione, abbia trasferito il proprio domicilio professionale senza darne formale comunicazione alle altre parti, il presidente del TAR o il presidente del Consiglio di Stato, a seconda di quale sia il giudice adito con l'impugnazione, su istanza della parte interessata a proporre l'impugnazione, possa fissare un termine perentorio per il completamento della notificazione o per la rinnovazione dell'impugnazione.

Deposito delle impugnazioni

Ai sensi dell'art. 94 del codice del processo amministrativo, l'atto di impugnazione una volta notificato va, a pena di decadenza, depositato nella segreteria del Consiglio di Stato (ovvero del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana nel caso di appello avverso una sentenza del TAR Sicilia).

Il termine perentorio per il deposito del ricorso in appello, che dunque, costituisce l'adempimento immediatamente successivo alla notificazione dello stesso atto, è di trenta giorni e decorre dall'ultima notificazione ai sensi dell' art. 45 del codice del processo amministrativo.

Unitamente al ricorso l'appellante è onerato al deposito di una copia, anche non autentica della sentenza impugnata.

Notificazione dell'impugnazione nelle cause inscindibili e non scindibili ed integrazione del contraddittorio

L'art. 95 del nuovo codice del processo amministrativo precisa che nelle cause inscindibili, nelle quali sono parti in primo grado, oltre al ricorrente ed all'ente che ha emesso l'atto impugnato, anche uno o più controinteressati, l'impugnazione deve essere notificata a tutte le parti in causa. In difetto il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio, fissando sia il termine entro cui deve essere eseguita la notificazione sia la successiva udienza di trattazione.

La mancata integrazione del contraddittorio nel termine fissato dal giudice determina l'improcedibilità del giudizio d'impugnazione.

Per quanto riguarda, invece, le cause non inscindibili l'impugnazione deve essere notificata alle parti che hanno interesse a contraddire, e al fine di evitare la pronuncia di inammissibilità, è sufficiente la notificazione ad almeno una delle parti interessate a contraddire entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza (o, in mancanza, entro il termine lungo di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza stessa).

L'ultimo comma della norma in esame contiene una norma dettata da chiare esigenze di economia processuale, per cui ove il Consiglio di Stato (o in Sicilia il Consiglio di Giustizia Amministrativa) riconosca che l'impugnazione sia manifestamente priva di un presupposto processuale ovvero palesemente infondata, può pronunciare la sentenza che definisce la lite senza ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti pretermesse che sarebbero interessate a contraddire. In tali casi, infatti, non avrebbe senso integrare il contraddittorio qualora l'impugnazione sia destinata ad essere chiusa in rito.

In conformità a quanto previsto dall'ultimo comma non è consentita la difesa personale delle parti in grado di appello.

Impugnazioni avverso la medesima sentenza

Recita testualmente l'art. 96 del nuovo codice del processo amministrativo

1. Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo. 2. Possono essere proposte impugnazioni incidentali, ai sensi degli articoli 333 e 334 del codice di procedura civile. 3. L'impugnazione incidentale di cui all'articolo 333 del codice di procedura civile puo' essere rivolta contro qualsiasi capo di sentenza e deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, entro sessanta giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione. 4. Con l'impugnazione incidentale proposta ai sensi dell'articolo 334 del codice di procedura civile possono essere impugnati anche capi autonomi della sentenza; tuttavia, se l'impugnazione principale e' dichiarata inammissibile, l'impugnazione incidentale perde ogni efficacia. 5. L'impugnazione incidentale di cui all'articolo 334 del codice di procedura civile deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla data in cui si e' perfezionata nei suoi confronti la notificazione dell'impugnazione principale e depositata, unitamente alla prova dell'avvenuta notificazione, entro dieci giorni. 6. In caso di mancata riunione di piu' impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, la decisione di una delle impugnazioni non determina l'improcedibilita' delle altre.

Così come previsto nella disciplina civilistica, il legislatore ha previsto nel processo amministrativo che tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo.

Conseguentemente, allo scopo di evitare il frazionamento del giudizio di impugnazione in più giudizi, la parte nei cui confronti sia stata proposta l'impugnazione o nei cui confronti sia avvenuta l'integrazione del contraddittorio ai sensi del precedente art. 95 del codice del processo amministrativo, qualora intenda a sua volta impugnare la sentenza di primo grado, ha l'onere di impugnarla, in via incidentale, nello stesso giudizio.

Il IV comma ha previsto, in conformità all'art. 334 c.p.c., l'impugnazione incidentale tardiva: la parte contro la quale è stata proposta impugnazione (cioè l'appellato) ed i soggetti chiamati ad integrare il giudizio nelle cause inscindibili, possono proporre impugnazione incidentale anche quando per essi è decorso il termine ovvero hanno fatto acquiescenza alla sentenza. Tuttavia, l'impugnazione incidentale perde efficacia se l'impugnazione principale è dichiarata inammissibile.

Può essere proposta anche contro capi autonomi della sentenza, purché nel termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di notificazione dell'impugnazione principale; mentre il suo deposito deve avvenire, unitamente alla prova dell'avvenuta notificazione entro dieci giorni.

Da ultimo, va evidenziato come il sesto comma prevede che, nel caso di mancata riunione di più impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, la decisione di una delle impugnazioni non determina l'improcedibilità delle altre.

Intervento nel giudizio di impugnazione

E' consentito in appello l'intervento nel giudizio di impugnazione di chi vi ha interesse con atto notificato a tutte le parti del giudizio.

L'interventore a proporre appello, in conformità a quanto previsto dal successivo art. 102 comma 2 del codice del processo amministrativo, deve essere titolare di una posizione giuridica autonoma. Conseguentemente l'unica forma di intervento ammissibile nel processo amministrativo resta ancora l'intervento principale.

Sospensione dell'esecutività della sentenza appellata

L'art. 98 del codice del processo amministrativo, al pari di quanto previsto dall'art. 33 l. 1034/1971 (l. TAR) conferma l'esecutività delle sentenze del TAR che può essere sospesa dal Giudice dell'impugnazione (Consiglio di Stato ovvero Consiglio di Giustizia Amministrativa) su istanza di parte ogniqualvolta ritenga che dall'esecuzione della sentenza possa derivare un danno grave e irreparabile.

La sospensione è subordinata alla sussistenza di un danno grave e irreparabile da valutare in termini oggettivi, sussistendo l'irreparabilità ogniqualvolta il bene oggetto della pronuncia potrebbe essere gravemente compromesso, se non addirittura distrutto nel caso di mancata sospensione della sentenza impugnata.

L'irreparabilità presuppone quindi, l'irreversibilità del pregiudizio, in suscettibile di reintegrazione per equivalente nel caso in cui la sentenza in base alla quale si è proceduto alla esecuzione venga poi annullata dal giudice di secondo grado.

Par. 2

Appello

Appellabilita' delle sentenze dei tribunali amministrativi regionali

1. Avverso le sentenze dei tribunali amministrativi regionali e' ammesso appello al Consiglio di Stato, ferma restando la competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana per gli appelli proposti contro le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia.

Art. 101

Contenuto del ricorso in appello

1. Il ricorso in appello deve contenere l'indicazione del ricorrente, del difensore, delle parti nei confronti delle quali e' proposta l'impugnazione, della sentenza che si impugna, nonche' l'esposizione sommaria dei fatti, le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata, le conclusioni, la sottoscrizione del ricorrente se sta in giudizio personalmente oppure del difensore con indicazione, in questo caso, della procura speciale rilasciata anche unitamente a quella per il giudizio di primo grado. 2. Si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello o, per le parti diverse dall'appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio.

Art. 102

Legittimazione a proporre l'appello

1. Possono proporre appello le parti fra le quali e' stata pronunciata la sentenza di primo grado. 2. L'interventore puo' proporre appello soltanto se titolare di una posizione giuridica autonoma.

Art. 103

Riserva facoltativa di appello

1. Contro le sentenze non definitive e' proponibile l'appello ovvero la riserva di appello, con atto notificato entro il termine per l'appello e depositato nei successivi trenta giorni presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale.

Art. 104

Nuove domande ed eccezioni

1. Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall'articolo 34, comma 3, ne' nuove eccezioni non rilevabili d'ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonche' il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza stessa. 2. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. 3. Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati.

Art. 105

Rimessione al primo giudice

1. Il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se e' mancato il contraddittorio, oppure e' stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullita' della sentenza, o riforma la sentenza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l'estinzione o la perenzione del giudizio. 2. Nei giudizi di appello contro i provvedimenti dei tribunali amministrativi regionali che hanno declinato la giurisdizione o la competenza si segue il procedimento in camera di consiglio, di cui all'articolo 87, comma 3. 3. In ogni caso in cui il Consiglio di Stato annulla la sentenza o l'ordinanza con rinvio della causa al giudice di primo grado, si applica l'articolo 8, comma 2, delle norme di attuazione.

Il Titolo II del libro terzo agli articoli agli articoli 100-105 disciplina l'appello.

Le sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali sono impugnabili con ricorso in appello al Consiglio di Stato.

Avverso le decisioni del Tribunale Amministrativo della Sicilia il ricorso in appello, anziché essere presentato al Consiglio di Stato, va proposto al Consiglio di Giustizia Amministrativa.

Il giudice di appello esercita gli stessi poteri di cognizione e di decisione del giudice di primo grado e quindi nelle materie nelle quali i tribunali amministrativi hanno competenza esclusiva o di merito anche il giudice di appello, nel decidere in secondo grado, dispone dei poteri propri della competenza esclusiva e di merito.

Sono impugnabili sia le sentenze di rito e di merito sia le sentenze parziali; non sono, invece, impugnabili le sentenze e le ordinanze istruttorie o relative ad adempimenti processuali.

Ai sensi dell' art. 103 del codice del processo amministrativo contro le sentenze non definitive è proponibile l'appello ovvero la riserva di appello da proporre entro il termine per l'appello e depositato nei successivi trenta giorni presso la Segreteria del TAR.

Anche nell'appello amministrativo va riconosciuto l'effetto devolutivo, nel senso che il giudice di appello nei limiti segnati dal gravame viene investito di tutto il materiale di cognizione già introdotto in primo grado.

Contenuto dell'appello

Ai sensi dell'art. 92 del codice del processo amministrativo l'atto di appello deve contenere:

a) l'indicazione delle parti;

b) l'indicazione della sentenza oggetto d'impugnativa;

c) l'esposizione sommaria dei fatti, con riferimento ai fatti relativi allo svolgimento del giudizio di primo grado, al fine di far meglio comprendere al giudice del gravame i motivi d'impugnazione;

d) l'indicazione delle specifiche censure contro i capi della sentenza gravata (i motivi di impugnazione), al fine di individuare le parti della sentenza impugnata rispetto alle quali l'appellante vuole provocare il riesame.

e) la formulazione delle conclusioni;

f) la sottoscrizione del difensore (ovvero del ricorrente qualora stia in giudizio personalmente), con l'indicazione della procura speciale rilasciata anche unitamente a quella per il giudizio di primo grado.

Divieto dello jus novorum

L'effetto devolutivo dell'appello, per cui il giudice di secondo grado è investito del riesame del giudizio di primo grado, ossia delle domande, delle eccezioni, delle deduzioni e delle difese già formulate innanzi al primo giudice, implica che anche nel processo amministrativo, come in quello civile, vige il divieto per la parte di proporre in appello domande e nuove eccezioni non rilevabili d'ufficio (cd. divieto dello jus novorum).

Il divieto dello jus novorum trova, tuttavia il limite alle domande con le quali vengono chieste gli interessi e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza stessa, oltre alle eccezioni rilevabili anche d'ufficio.

Sono, invece, ammessi in appello nuovi mezzi di prova e nuove produzioni nei limiti in cui il collegio li ritenga indispensabili o la parte dimostri di non avere potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.

La parte può, altresì, proporre motivi aggiunti nel caso in cui venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado, da cui emergano vizi degli atti o dei provvedimenti amministrativi impugnati.

L'art. 105 del codice del processo amministrativo prevede, infine, che per garantire il rispetto del principio del doppio grado di giudizio la rimessione della causa al primo giudice può aver luogo esclusivamente nei casi in cui la sentenza sia stata resa a contraddittorio non integro o con violazione del diritto di difesa di una delle parti ovvero quando la domanda non sia stata esaminata a causa dell'errata declaratoria del difetto di giurisdizione, di competenza, di estinzione, di perenzione o di estinzione del giudizio.

In ogni altra ipotesi la controversia è definita in grado di appello.

Il ricorso in appello va proposto nel termine di sessanta giorni dalla notificazione della decisione.

In difetto di notifica, trova applicazione il c.d. termine lungo di sei mesi decorrente dalla data in cui la decisione è stata depositata (art. 327 c.p.c.).

Il termine, sia breve che lungo, va calcolato, tenuto conto della sospensione per le ferie degli avvocati.

Il ricorso va notificato a tutti i soggetti che sono stati parti sostanziali nel precedente giudizio, indipendentemente dalla circostanza se si fossero o meno costituiti.

La notifica va effettuata nel domicilio indicato nella sentenza e, in mancanza in quello eletto nel giudizio di primo grado; in mancanza di elezione di domicilio, la notifica va eseguita al domicilio reale dell'interessato.

Entro trenta giorni dall'ultima notifica, l'originale dell'atto di appello va depositato presso la segreteria del Consiglio di Stato unitamente alla copia della sentenza impugnata.

Il ricorso deve essere sottoscritto da un avvocato abilitato al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori (c.d. cassazionista).

La Giurisprudenza ha chiarito:

"Ai sensi dell'art. 40 comma 2, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, avverso le sentenze emesse dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia l'appello deve essere proposto esclusivamente innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, con conseguente inammissibilità per difetto di competenza di quello proposto al Consiglio di Stato ma, ai sensi dell'art. 50 c.p.c., la causa prosegue davanti al giudice competente qualora sia tempestivamente riassunta nel termine fissato dalla sentenza di incompetenza ovvero di sei mesi dalla stessa" (Consiglio Stato , sez. V, 21 luglio 2009, n. 4580).

"Nel processo innanzi al Consiglio di Stato, quale giudice di secondo grado, il thema decidendum è delimitato dalle censure articolate in prime cure, non potendosi tenere conto dei profili nuovi sollevati per la prima volta in sede di appello, in spregio al divieto dei nova sancito dall'art. 345 comma 1, c.p.c., e, a fortiori, in sede di memoria conclusionale, avendo essa valore puramente illustrativo di quanto già dedotto" (Consiglio Stato , sez. V, 24 aprile 2009, n. 258).

"Ai sensi del combinato disposto degli art. 35 comma 1 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054 e art. 17 r.d. 17 agosto 1907 n. 642 è nullo l'atto difensivo prodotto da legale sfornito di "ius postulandi" dinanzi alle magistrature superiori, con conseguente inammissibilità del ricorso in appello proposto al Consiglio di Stato, attesa la incapacità di un atto sanzionato di nullità di provocare il corretto esercizio della funzione giurisdizionale; né è rilevante la circostanza che l'atto introduttivo del giudizio di secondo grado contenga nell'epigrafe l'indicazione di altro legale abilitato, ove il ricorso risulti sottoscritto dal solo avvocato non abilitato, sicché la paternità dello stesso non può che ascriversi esclusivamente a detto difensore"(Consiglio Stato , sez. V, 09 marzo 2009, n. 1361).

"L'appello al Consiglio di Stato, in quanto rimedio impugnatorio, ha ad oggetto non la questione di legittimità del provvedimento amministrativo impugnato, ma la sentenza di primo grado, con conseguente necessità che gli asseriti vizi della stessa siano specificamente indicati mediante una puntuale contestazione delle conclusioni alle quali è pervenuto il primo giudice e delle argomentazioni che le sorreggono" (Consiglio Stato , sez. V, 03 febbraio 2009, n. 595).

"In presenza di una pronuncia di irricevibilità ed inammissibilità del ricorso originario resa dal giudice di primo grado e del principio secondo il quale l'erronea declaratoria di inammissibilità, irricevibilità o decadenza non comporta la necessità di rinviare la causa al primo giudice, dovendo il Consiglio di Stato in tal caso esaminare nel merito il ricorso proposto, la mancata riproposizione dei motivi di primo grado e la presenza, nell'atto di appello, di specifiche contestazioni solo in merito alle questioni che hanno dato luogo alla pronuncia processuale del primo giudice, rendono impossibile l'individuazione, da parte del giudice di appello, dell'oggetto della domanda d'appello e dell'ambito entro il quale deve essere effettuato il riesame della sentenza impugnata; individuazione, questa, non suscettibile di essere effettuata sulla base di mere formule di stile utilizzate dall'appellante, che non consente di individuare né a quale delle distinte domande proposte in primo grado (di annullamento degli atti impugnati e di risarcimento dei danni dagli stessi asseritamente derivati) si riferisca tale, generica richiesta di accoglimento, né su quali dei motivi originariamente proposti la stessa si fondi; né il giudice di appello può ravvisare la riproposizione della domanda, negli identici termini iniziali, nella mera trascrizione del fatto della sentenza appellata nelle « premesse » dell'atto di appello, atteso che tale pedissequa copia evidenzia con chiarezza la mera attribuibilità al giudice di primo grado della esposizione, ivi contenuta, delle ragioni fatte valere in primo grado in relazione alla domanda o alle domande) ivi proposte e non, come invece sarebbe necessario, la non equivoca volontà dell'appellante di riproporre le domande stesse, sulla base dei motivi originariamente fatti valere" (Consiglio Stato , sez. IV, 18 dicembre 2008, n. 6369).

"La notifica dell'appello al Consiglio di Stato nei confronti dell'amministrazione dello Stato effettuata presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato anziché presso l'Avvocatura generale dello Stato, comporta l'inammissibilità dell'appello stesso a meno che l'amministrazione statale intimata non si sia costituita in giudizio (Consiglio Stato , sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4316).

"L'omessa notifica del ricorso in appello a una (o più) delle parti necessarie del giudizio di primo grado non determina l'inammissibilità dell'impugnazione ma solo la necessità dell'integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti non intimate. Infatti, ai fini dell'ammissibilità dell'appello al Consiglio di Stato, è sufficiente che la notifica del ricorso sia effettuata a una sola delle parti appellate entro i termini di legge, salva la necessità dell'integrazione del contraddittorio" (Consiglio Stato , sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3639).

 

 

Par. 3

Revocazione

Art. 106

Casi di revocazione

1. Salvo quanto previsto dal comma 3, le sentenze dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione, nei casi e nei modi previsti dagli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile. 2. La revocazione e' proponibile con ricorso dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. 3. Contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione e' ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l'appello.

La norma, ha previsto, così come l'abrogato art. 28 della legge TAR che contro le sentenze del Tribunale Amministrativo è ammesso ricorso per revocazione, nei casi, nei modi e nei termini previsti dagli articoli n. 395 e 396 del codice di procedura civile.

Il ricorso per revocazione è ammesso per i seguenti motivi:

a) dolo processuale: quando il giudizio sia stato determinato dalla falsa rappresentazione della realtà dovuta ad inganno di una parte a danno dell'altra;

b) documento falso: se si è giudicato in base a documento riconosciuto o dichiarato falso dopo la sentenza;

c) dolo del giudice: se il dolo sia accertato con sentenza penale passata in giudicato,

d) ritrovamento di documento decisivo: se, dopo la sentenza è stato trovato un documento decisivo che la parte non aveva potuto produrre per forza maggiore o per fatto dell'avversario,

e) errore di fatto: se la sentenza è effetto di una svista materiale immediatamente rilevabile, risultante dagli atti o documenti della causa, che abbia indotto il giudice a supporre l'esistenza di un fatto che obiettivamente non esiste ovvero a considerare inesistente un fatto che viceversa risulta positivamente accertato, sempre che il fatto non ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza abbia pronunciato,

f) contrasto con giudicato: se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata.

Per quanto riguarda i termini per impugnare occorre distinguere i casi cd. di revocazione ordinaria (nn. 4 e 5) per i quali l'impugnazione va proposta entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza (o, in mancanza di notificazione, nel termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza); mentre nei casi di revocazione cd. straordinaria (nn. 1,2,3, e 6) il termine di sessanta giorni decorrerà dal giorno in cui è stato scoperto il dolo, la falsità, la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al n. 6 del medesimo art. 395.

Competente a conoscere della domanda di revocazione è lo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

Va evidenziato che ai sensi del terzo comma dell' art. 106 del codice del processo amministrativo la revocazione è proponibile se i motivi non possono essere dedotti con l'appello.

Da ultimo, ai sensi dell'art. 107 del codice del processo amministrativo va precisato che la sentenza emessa nel giudizio di revocazione non può essere impugnata per revocazione, ma contro di essa sono ammessi i mezzi d'impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.

 

 

Par. 4

Art. 108

Casi di opposizione di terzo

1. Un terzo, titolare di una posizione autonoma e incompatibile, puo' fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorche' passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi. 2. Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando questa sia effetto di dolo o collusione a loro danno.

Art. 109

Competenza

1. L'opposizione di terzo e' proposta davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, salvo il caso di cui al comma 2. 2. Se e' proposto appello contro la sentenza di primo grado, il terzo deve introdurre la domanda di cui all'articolo 108 intervenendo nel giudizio di appello. Se l'opposizione di terzo e' gia' stata proposta al giudice di primo grado, questo la dichiara improcedibile e, se l'opponente non vi ha ancora provveduto, fissa un termine per l'intervento nel giudizio di appello, ai sensi del periodo precedente.

L'art. 108 del codice del processo amministrativo ha introdotto definitivamente nell'ordinamento il mezzo dell'impugnazione dell'opposizione di terzo, così tenendo conto della sentenza del 17 maggio 1995 n. 177 della Corte Costituzionale, la quale aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 36 della l. 1034/1971 nella parte in cui non prevedeva l'opposizione di terzo ordinaria fra i mezzi di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, nonché l'illegittimità costituzionale dell'art. 28 della stessa legge TAR, nella parte in cui non prevedeva l'opposizione di terzo ordinaria fra i mezzi d'impugnazione delle sentenze del tribunale amministrativo regionale passate in giudicato.

Sino all'intervento della pronuncia della Corte Costituzionale, infatti, la Giurisprudenza escludeva, in linea di massima, l'applicabilità, al processo amministrativo, del rimedio dell'opposizione di terzo, disciplinato dagli artt. 404 ss. c.p.c. quale forma di tutela straordinaria concessa al soggetto pregiudicato da una sentenza passata in giudicato e intervenuta a definire la controversia intercorrente tra gli altri.

La tutela riconosciuta ai terzi era pertanto esclusivamente di carattere endoprocessuale, ossia poteva esercitarsi solo partecipando al processo (come destinatario di notifica o interventore volontario), e non attraverso un'opposizione ex post al giudicato.

L'istituto dell'opposizione di terzo presenta considerevoli problematiche, fra cui, in primo luogo, la nozione di terzo, che trattandosi di processo amministrativo non può non individuarsi sicuramente nel cd. controinteressato che sarà identificabile in colui che vanti un interesse antitetico e contrastante, rispetto alla posizione giuridica del destinatario diretto del provvedimento.

Tuttavia, esiste un'altra schiera di soggetti il cui interesse pur essendo complementare e contrastante con quello del ricorrente non emerge dall'atto impugnato.

È, dunque, anche a tali soggetti che va riconosciuta l'opposizione di terzo ordinaria, riferendosi a queste ipotesi la sentenza 177/95 della Corte costituzionale.

Sicuramente la piena applicazione della legge 241/90 permette l'esatta individuazione dei soggetti implicati nell'azione amministrativa e quindi l'individuazione di soggetti terzi.

Va precisato, peraltro, che dall'accoglimento dell'opposizione non discende necessariamente l'annullamento della sentenza avendo la stessa come unico fine di rimuovere il pregiudizio del terzo.

L'opposizione di terzo, a norma dell' art. 108 del codice del processo amministrativo, è proponibile sia contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale sia contro una sentenza del Consiglio di Stato che sia stata pronunciata tra altri soggetti, ancorché passata in giudicato.

Il secondo comma dell'art. 108 del codice del processo amministrativo disciplina la c.d. opposizione di terzo revocatoria, che è quel particolare mezzo di impugnazione, già disciplinato nel processo civile dall'art. 404 c. 2 c.p.c. con cui i creditori e gli aventi causa di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, qualora questa sia effetto di dolo o collusione a loro danno.

Il Giudice dinanzi al quale si propone l'opposizione è il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

A norma del secondo comma dell'art. 109 del codice del processo amministrativo, qualora venga proposto appello avverso la sentenza di primo grado, il terzo che intenda proporre opposizione deve intervenire nel giudizio di appello. Se, invece, il terzo ha già proposto opposizione innanzi al giudice di primo grado (ossia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata) quest'ultimo la dichiara improcedibile a seguito dell'instaurazione del giudizio di appello e fissa un termine per l'intervento del terzo in appello.

La Giurisprudenza ha in proposito chiarito:

"L'opposizione di terzo può essere proposta non già da tutti coloro che rivestono la qualità di terzi rispetto al giudizio nel quale fu emessa la sentenza ed abbiano comunque un interesse, sia pure di fatto, ad insorgere contro la pronuncia, ma soltanto da chi, oltre ad essere terzo, vanta in relazione al bene che ha formato oggetto della controversia un proprio diritto autonomo e nel contempo incompatibile con il rapporto giuridico accertato o costituito dalla sentenza (elemento del tutto assente nel caso di specie, in cui l'opposizione di terzo è strumentalmente utilizzata per contestare alcune statuizioni della sentenza del Tar da parte del difensore del ricorrente al fine di evitare un'azione di responsabilità, trattandosi di statuizioni non passate in giudicato, rispetto alle quali l'unico strumento di contestazione è quello del ricorso in appello, peraltro già proposto dall'interessato)". (Consiglio Stato , sez. VI, 30 luglio 2008, n. 3812)

"L'« opposizione di terzo », anche se qualificata tale, si converte, qualora pendenti i relativi termini per impugnare, in appello « del terzo » in presenza di contestazione presentata da terzo che si predica quale pretermesso nel giudizio deciso con la sentenza ritenuta pregiudizievole" (Consiglio Stato , sez. VI, 07 gennaio 2008, n. 23).

"In conseguenza della pronuncia additiva della C. cost. 17 maggio 1995 n. 177, per effetto della quale l'art. 404 c.p.c. ha potuto trovare ingresso nel sistema processuale relativo al giudizio davanti al giudice amministrativo, il soggetto che si ritenga leso da una sentenza del Consiglio di Stato ovvero del Tar pronunciata in un giudizio al quale sia rimasto estraneo, può impugnarla, essendo a ciò legittimato, attraverso l'utilizzazione dello strumento dell'opposizione di terzo c.d. ordinaria, disciplinato dall'art. 404 comma 1, c.p.c." (Consiglio Stato , sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 350).

"Il rimedio dell'opposizione di terzo, originariamente non previsto nel processo amministrativo ed introdottovi a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 177 del 1995, è consentito ai soggetti che, pur non essendo parti necessarie o intervenuti ad opponendum (o che abbiano ritualmente dispiegato intervento) nel giudizio di primo grado, rivestano tuttavia la qualità di legittimi contraddittori, in quanto titolari di una situazione giuridicamente rilevante, caratterizzata da una situazione di segno opposto a quello fatto valere con il ricorso originario, che rischi di essere incisa o pregiudicata dalla pronuncia impugnata. Di conseguenza, per effetto della pronuncia additiva del giudice delle leggi, il soggetto che si ritenga leso da una sentenza del Consiglio di Stato o del Tar pronunciata in un giudizio al quale sia rimasto estraneo, può impugnarla utilizzando lo strumento dell'opposizione di terzo c.d. ordinaria, disciplinato dall'art. 404 comma 1 c.p.c." (Consiglio Stato , sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2817).

"È costituzionalmente illegittimo l'art. 27 della l. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in cui non prevede l'opposizione di terzo ordinaria fra i mezzi di impugnazione delle sentenze del Tribunale amministrativo regionale" (Corte costituzionale, 17 maggio 1995, n. 177).

"È costituzionalmente illegittimo l'art. 36 della l. 6 dicembre 1971 n. 1034 (istituzione dei Tribunali amministrativi regionali), nella parte in cui non prevede l'opposizione di terzo ordinaria fra i mezzi di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato" (Corte costituzionale, 17 maggio 1995, n. 177).

"Il rimedio dell'opposizione di terzo, originariamente non previsto nel processo amministrativo ed introdottovi a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 177 del 1995, è consentito ai soggetti che, pur non essendo parti necessarie o intervenuti ad opponendum (o che abbiano ritualmente dispiegato intervento) nel giudizio di primo grado, rivestano tuttavia la qualità di legittimi contraddittori, in quanto titolari di una situazione giuridicamente rilevante, caratterizzata da una situazione di segno opposto a quello fatto valere con il ricorso originario, che rischi di essere incisa o pregiudicata dalla pronuncia impugnata. Di conseguenza, per effetto della pronuncia additiva del giudice delle leggi, il soggetto che si ritenga leso da una sentenza del Consiglio di Stato o del Tar pronunciata in un giudizio al quale sia rimasto estraneo, può impugnarla utilizzando lo strumento dell'opposizione di terzo c.d. ordinaria, disciplinato dall'art. 404 comma 1 c.p.c." ( Consiglio Stato , sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2817).

 

 

Par. 5

Titolo V

Ricorso per cassazione

Art. 110

Motivi di ricorso

1. Il ricorso per cassazione e' ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Art. 111

Sospensione della sentenza

1. Il Consiglio di Stato su istanza di parte, in caso di eccezionale gravita' ed urgenza, puo' sospendere gli effetti della sentenza impugnata e disporre le altre opportune misure cautelari.

Il titolo V del codice del processo amministrativo agli articoli 110 e 11 disciplina il ricorso per Cassazione prevedendo innanzi tutto con norma già contenuta sia nell'art. 36 della l. TAR che nell'art. 48 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, ora abrogate, che il ricorso per Cassazione è ammesso avverso le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Il successivo art. 111 del codice del processo amministrativo prevede, altresì, in conformità a quanto statuito dall'art. 373 c.p.c. per il processo civile, che il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (il Consiglio di Stato o il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana), su istanza di parte, può disporre la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza, qualora ricorrano casi di eccezionale gravità ed urgenza.

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